- venerdì 22 settembre 2023
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- giovedì 23 dicembre 2021
- mercoledì 6 ottobre 2021
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- sabato 29 maggio 2021
4 Aprile 2021 - PASQUA di RISURREZIONE
sabato 3 aprile 2021
“Dal sepolcro vuoto: un evento doppiamente straordinario”
Dal Vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro:
«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro.
Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
(Gv 20, 1-9)
Dal Vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro:
«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro.
Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
(Gv 20, 1-9)
Il Vangelo della Pasqua propone un evento straordinario, e doppiamente straordinario: perché riguarda la risurrezione di un uomo (quella stessa risurrezione che fece sghignazzare gli Ateniesi sentendone parlare San Paolo) e perché rappresenta il fatto fondante d’una religione, il puntello dell’intero edificio cristiano.
Cosa sarebbe potuto divenire questo evento in mano a uno storico? O ad un epico antico? Verosimilmente sarebbe stato assoggettato a un processo d’amplificazione sia fantastica che espressiva, diventando al contempo favoleggiante e solenne.
Nulla di tutto ciò appare nel Vangelo di Giovanni.
Non solo non gonfia le gote e ignora le vie del sublime, ma provvede a evocarlo dal basso, secondo una prospettiva minore e domestica, che resta all’opposto di ogni clima miracolistico; al contempo usa un’asciuttezza, un’obiettività e una semplicità tali da poter essere scambiati per il più raffinato degli artifici letterari (specie dal nostro gusto educato da secoli di realismi) se non sapessimo che i Vangeli non hanno coscienti pretese d’arte e procedono, ovunque, secondo un umile criterio di testimonianza, tenendosi soltanto a quanto effettivamente accaduto e detto.
Ma proprio di qui derivano insieme, come nel caso odierno, la perfetta plausibilità e la singolare suggestione estetica dei Vangeli: quella, cioè, d’una forma narrativa fino a quel momento mai veduta che, rompendo il recinto delle convenzioni letterarie, parlava nei modi della più assoluta naturalezza e col linguaggio scabro delle cose, lasciando il compito di coinvolgere il lettore, e di convincerlo, solo all’effetto di verità che deriva dal racconto stesso.
Solo così, del resto, si spiega come il “vide e credette” di Giovanni possa essere diventato il Credo di tante generazioni!
Cosa sarebbe potuto divenire questo evento in mano a uno storico? O ad un epico antico? Verosimilmente sarebbe stato assoggettato a un processo d’amplificazione sia fantastica che espressiva, diventando al contempo favoleggiante e solenne.
Nulla di tutto ciò appare nel Vangelo di Giovanni.
Non solo non gonfia le gote e ignora le vie del sublime, ma provvede a evocarlo dal basso, secondo una prospettiva minore e domestica, che resta all’opposto di ogni clima miracolistico; al contempo usa un’asciuttezza, un’obiettività e una semplicità tali da poter essere scambiati per il più raffinato degli artifici letterari (specie dal nostro gusto educato da secoli di realismi) se non sapessimo che i Vangeli non hanno coscienti pretese d’arte e procedono, ovunque, secondo un umile criterio di testimonianza, tenendosi soltanto a quanto effettivamente accaduto e detto.
Ma proprio di qui derivano insieme, come nel caso odierno, la perfetta plausibilità e la singolare suggestione estetica dei Vangeli: quella, cioè, d’una forma narrativa fino a quel momento mai veduta che, rompendo il recinto delle convenzioni letterarie, parlava nei modi della più assoluta naturalezza e col linguaggio scabro delle cose, lasciando il compito di coinvolgere il lettore, e di convincerlo, solo all’effetto di verità che deriva dal racconto stesso.
Solo così, del resto, si spiega come il “vide e credette” di Giovanni possa essere diventato il Credo di tante generazioni!